COLLAGE
“Collage” di Enrico La Bianca - Nota dell’autore Potrei definirmi “fotografo senza macchina fotografica". In altri lavori come “Identity” , dove ho fotografato Tokyo tramite Google Map o “Fogliacci” dove il caso ha mischiato le mie fotografie con immagini di altri, non ho usato la macchina fotografica. In questo progetto “Collage” , raccolgo e riciclo immagini e foto da vecchie riviste e giornali. Questo lavoro è, allo stesso tempo, intimo, direttamente corrispondente al nostro inconscio e anonimo grazie all'uso di immagini ritrovate e parti del corpo che sono state tagliate via. La mia storia personale diventa così la storia di tutti. Il collage opera una sorta di universalizzazione, sottolineando l'impossibilità di identificarsi con un singolo individuo, ma permettendo di riconoscersi nella storia. Cerco di diventare un intermediario neutrale: senza essere l’autore delle fotografie, me ne approprio e le integro nel mio mondo interiore. Cerco di dare nuovo senso e vita a ciò che è residuo, salvando le immagini dalla distruzione e includendole in una nuova narrazione che unisce intimità e anonimato. Questo progetto quindi si occupa essenzialmente di memoria. Memoria per accumulazione piuttosto che per sottrazione. Questo lavoro richiama alla mente le procedure del fotomontaggio o del montaggio di film. Il taglio è usato come cornice che segna l’essenziale. La scelta delle fotografie che utilizzo rimandano immediatamente all’invisibilità e all’impalpabilità del nostro mondo interiore: i nostri pensieri, le nostre paure, i nostri sentimenti, le ossessioni, l’inconscio e i desideri. La loro obliterazione è una minaccia costante, eppure sempre resistono, inesorabile traccia di un continuo vacillare della mente. Guardando i collage, il tentativo è quello di generare da un lato un dubbio di visione e, di conseguenza, un’indecisione tra vero e falso, ricordandoci inevitabilmente la ferita interna, il vuoto nascosto, il senso di perdita che si esprime nel potere del taglio e in quello della rottura. Ritornando costantemente ai corpi femminili, i miei montaggi hanno una voluta risonanza erotica, con intrusioni di vernice rossa, il primo colore percepito dal nascituro dentro il ventre materno, al quale arriva la luce come filtrata da una tenda rossa. Il processo di decostruzione e rimontaggio diventa un commento sulla rappresentazione delle donne nelle immagini dei media. Si evolve nella percezione attuale delle forme femminili e di come il passato abbia instillato idee contraddittorie sulla femminilità. Sono tensioni che avverto, il mio desiderio di raccontare nuove storie reinventando queste vecchie immagini e idee, coltivando una narrazione completamente diversa. Dopotutto, perché strappiamo e tagliamo le cose, se non per esprimere la nostra insoddisfazione per lo status quo?